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martedì 31 gennaio 2017

Intervista a Veronica Vizzari e Alessandra Perilli

Si parla spesso di bdsm relativamente al suo aspetto psicologico e alla visione che di esso ha la psicologia contemporanea. Ci siamo quindi chiesti se fosse valsa la pena intervistare persone del mestiere, proprio per cercare di sfuggire al soggettivismo imperante che certi termini e certe definizioni di sensazioni dominano nel web. Con questo intento sappiamo benissimo che non si tratta di scrivere nessuna tavola di comandamenti, che la manifestazione soggettiva delle emozioni e l'intensità mentale con cui si vive il bdsm non potrà mai essere racchiusa nelle parole, siano queste un'intervista o un libro. Però può aiutare, può aiutare molto sopratutto quando si parla di bdsm, e, ricordo, spesso che quando si parla di bdsm è perché lo si fa o lo si vuole fare, quindi le parole assumono allora una connotazione, rispetto alla pratica, preliminare all'azione. Ecco quello che ne è uscito con le dottoresse Veronica Vizzari e Alessandra Perilli.

Sadsong: Dottoresse Veronica Vizzari e Alessandra Perilli, il bdsm è un fenomeno complesso e per certi aspetti ancora inesplorato dalle varie discipline, qualcuno sostiene che il bdsm sia solamente un fatto culturale, siete d’accordo con questa affermazione?

V. Vizzari e A. Perilli: Crediamo fermamente che il mondo Bdsm non nasca esclusivamente da un fattore culturale, sarebbe troppo riduttivo e generalizzante. La cultura, il periodo storico e la morale, però, sicuramente ne influenzano le sue espressioni.

S.: Quando la parafilia si trasforma in patologia? Abbiamo letto tutti il DSM IV revisionato e le prime bozze del DSM V. Voi come lo spieghereste oggi a dei lettori che conoscono il tema e che volessero approfondire?


Partiamo dal presupposto che le parafilie sono patologie, mentre il Bdsm non è considerato una parafilia ma semplicemente un modo diverso di giocare con la sessualità. Detto questo possiamo distinguere tra sadomasochismo patologico e sadomasochismo come tratto o aspetto della sessualità. Ciò che rende un tratto o un agito patologico è la modalità con cui questo si presenta, ci spieghiamo meglio: parliamo di patologia là dove la pratica sessuale in questione è l'unica fonte di soddisfazione sessuale per l'individuo cioè quando con qualsiasi altro tipo di “stimolazione” non riesce ad ottenere un soddisfacimento sessuale. Quindi stiamo parlando di esclusività. Ma diventa patologico anche là dove, per ottenere il proprio soddisfacimento sessuale, si mettono in atto degli agiti con persone non consenzienti, violando quindi la volontà dell'altro. Il Bdsm, invece, proprio per la sua essenza giocosa e per il massimo rispetto dell'altro, non è mai stato inserito all'interno del DSM.

S.: Spesso si confonde il sadomasochismo come comportamento sociale col sadomasochismo come patologia individuale, cosa ne pensate e dove credete che si possa individuare la differenza tra persone che lo vivono in maniera equilibrata e persone che ne sono vittime?
Quando un comportamento sessuale viene vissuto come proibitivo questo rimarrà nell'ambito della sfera personale intima, non verrà condiviso socialmente, ma verrà relegato ad un luogo e ad un tempo ben precisi. Se un sadico incontra un masochista e tra di loro si instaura una relazione, la consensualità sarà il punto chiave che permetterà ad entrambe di vivere in maniera serena ed equilibrata la loro relazione senza arrecare danno a nessuno. Ne diventa vittima chi, invece, non riesce ad accettare i propri impulsi, ad esternarli e a condividerli e li reprime vivendo in una egodistonia di fondo che può influenzare anche altri aspetti della vita dell'individuo.

S.: Con un testo che ormai ha fatto storia nel mondo bdsm, Gilles Deleuze nel 1963, nel suo “il freddo e il crudele” propone di spaccare definitivamente il termine composto “sadomasochismo”, riassegnando a ciascuno dei due termini dei valori e delle funzioni caratteristiche non complementari tra loro, ma anzi sottolineando la non specularità tra sadismo e masochismo. Seguendo la lezione strutturalista egli chiama quelle che noi chiamiamo semplicemente dinamiche sadomasochistiche “universo del masochismo”, isolando così il sadismo, e pone le figure della vittima e del carnefice a sostituire il masochista e il sadico. Secondo lei è una mera questione filosofica o Deleuze ha colto realmente il nodo della questione sadismo?

Quello che spesso accade è che erroneamente si crede che nell'universo masochistico il succube sia proprio il masochista, cioè colui che subisce passivamente le angherie del sadico, e il carnefice sia il sadico, cioè colui che impone la propria volontà al masochista. Nella realtà dei fatti le cose non sempre stanno così perché può capitare che chi detta le regole del gioco sia proprio il sottomesso mentre il Dominante accondiscende ai suoi desideri. In virtù di quanto detto possiamo supporre che il vero gioco masochistico stia nel non accontentare i desideri del masochista, mentre il vero sadico sia colui che non accondiscende alle volontà del masochista.

S.: Quando il bdsm diventa pericoloso per la mente e la vita di un individuo? Lasciando perdere le pratiche pericolose di per sé.
Come lei sottolinea il Bdsm di per sé non è pericoloso, infatti si sta parlando di erotismo che viene espresso in forme diverse da quelle canoniche. Il Bdsm diventa pericoloso là dove non se ne rispettano le regole di base che garantiscono l'incolumità psico-fisica dell'individuo come “Ssc” che è l'acronimo di Sano, Sicuro, Consensuale: Sano si riferisce letteralmente alle implicazioni mediche dei giochi; Sicuro indica la massima attenzione al modo in cui vengono svolte le diverse pratiche, per ridurre al minimo ogni rischio, prima e durante i giochi, è abitudine diffusa evitare l'uso di sostanze che potrebbero compromettere una corretta valutazione della situazione, come alcool, droghe e alcune medicine; Consensuale è il punto chiave che differenzia il Bdsm da sadomasochismo patologico dove solitamente chi subisce è una vittima a tutti gli effetti e non un partner che acconsente alla pratica di certi giochi erotici. Quindi là dove queste regole non vengano rispettate o quando del Bdsm se ne fa uno status sociale -cioè quando l'intero universo del soggetto si muove in funzione delle pratiche Bdsm ritenendo tutto il resto superfluo- può diventare un gioco pericoloso.

S.: È facile pensare che voi abbiate studiato il sadomasochismo dal punto di vista della patologia individuale, probabilmente chi si rivolge a voi lo fa per essere curato, immaginiamo individui che vivono male la loro sessualità. Avete incontrato solo persone con patologie o anche persone che vivevano bene la loro parafilia?

Le persone che decidono di affrontare una terapia personale lo fanno perché percepiscono che c'è qualcosa che non va, hanno il desiderio di comprenderlo meglio e attuare dei cambiamenti o perché vivono come problematici determinati aspetti della loro vita. Va da se che se un individuo vive bene la sua sessualità, la condivide con il partner non provando sensi di colpa o di vergogna di certo non sente l'esigenza di affrontare un percorso terapeutico su qualcosa che non costituisce per lui un problema. Capita di incontrare persone che arrivano in terapia per affrontare problemi personali di diversa natura e che durante il percorso raccontino la loro sessualità sadomaso senza enfatizzarla o descriverla come un problema, ma semplicemente come una sfaccettatura in un universo di infinite possibilità.

S.: Negli ultimi anni come comunità abbiamo potuto vedere un outing generale di certe pratiche, avete notato anche voi un modo diverso di viverle, anche nell'intimo, delle persone che avete conosciuto?

Sicuramente il fatto che ci sia stato negli ultimi anni un generale outing su certe pratiche (se ne parla al telegiornale, ci sono delle pubblicità che rimandano al mondo del fetish, se ne parla per strada, diffusione di giornali e siti informativi ecc.) ha fatto si che molte persone abbiano sentito il desiderio di saperne di più e a volte anche di sperimentare un'intimità nuova, di fare esperienze diverse dalle loro normali abitudini, quindi si, sicuramente un cambiamento c'è stato, almeno per chi si è voluto metter in gioco e sperimentare sotto diverse punti di vista.

S.: In che modo, se può esistere un modo, bdsm e amore possono dare vita ad una felice relazione?

Molto semplice, Bdsm e amore possono coesistere là dove esiste il rispetto reciproco tra i partner e una forte condivisione dell'intimità.

S.: Domanda molto banale, ma non si può non farla, dove individua l’origine delle pulsioni del dominante e del sottomesso?

Paradossalmente possiamo dire che le pulsioni del dominante arrivano dalla volontà ancestrale di prendersi cura dell'altro, mentre nel sottomesso arrivano dal bisogno di tenere costantemente sotto controllo l'ambiente e le relazioni.

S.: Qual è il nostro vero io? Quello che si esprime durante la giornata di lavoro o nelle occasione convenzionali o quello che si nasconde dietro l’intimità dei quattro muri di casa, di motel o di un dungeon e che vedono l’incarnarsi della persona, al di sopra di ogni sospetto, in schiavo, schiava, dominatore, dominatrice?

Il vero Io è un marge di tutte le situazioni quotidiane che ci troviamo ad affrontare, non è soltanto quello che emerge in situazioni specifiche o nell'intimità. Sul posto di lavoro si metteranno in atto dei comportamenti socialmente accettati, ma sempre nel rispetto di quello che è il nostro Io, così come questo accade anche nell'intimità. Il nostro vero Io si esprime in ogni situazione.


S.: Secondo voi le tendenze erotiche del bdsm possono in qualche modo rivelarsi, per chi ha occhi per vedere, nella quotidianeità della propria vita sociale?

Crediamo che le si possano rintracciare là dove c'è la volontà dell'altro di farle trapelare, di esprimerle o di sottolinearle. Se c'è la necessità o la voglia di nasconderle e relegarle in un luogo e in un tempo ben preciso allora lì sono di difficile individuazione.

S.: E queste tendenze erotiche, possono influenzare la vita sociale, dal lavoro al rapporto con gli altri? Come?

Quando parliamo di Bdsm ci riferiamo a pratiche erotiche che vengono messe in atto in momenti di intimità che quindi non lasciano spazio al pubblico. Queste pratiche, quindi, avranno un impatto nella vita sociale dell'individuo solo là dove egli voglia renderle “pubbliche” perché in questo caso si scontrerà con quello che è il buon costume e la morale condivisa.

S.: Ci parlate dell’importanza del feticcio, cosa porta un uomo o una donna a leccare una scarpa? Quanto è importante la negazione del corpo in questo atto? Mi spiego meglio, il feticista sottomesso lecca la scarpa perché gli piace l’oggetto “scarpa” o perché in questo atto umiliante, e quindi per lui piacevole, si trova di fronte alla negazione del corpo dell’altro?

Il feticcio, in questo caso la scarpa, è qualcosa che richiama in particolar modo l'attenzione del feticista che ne è attratto in maniera esaltante. Solitamente il feticcio è un oggetto che acquista un significato particolare già nell'età della fanciullezza e diventa indispensabile, o comunque preferito, per il raggiungimento dell'eccitazione sessuale. Il feticista ha un rapporto simbolicamente molto forte con il feticcio che viene elaborato come un oggetto perduto e poi ricostruito e va ad assumere il ruolo di una mascolinità mancante, diventa quindi un sostituto fallico. Alcuni vedono l'utilizzo del feticcio come negazione del corpo del partner, ma se cambiamo prospettiva possiamo considerarlo come una sorta di venerazione per una specifica parte del corpo. Ad ogni modo il ruolo prioritario del feticcio è quello di permettere all'individuo di raggiungere un'eccitazione sessuale.

S.: Siete d’accordo con le definizioni di “gioco” e di “teatro”, dove gli attori più che interpretare personaggi diventano i personaggi, del Bdsm o ne proporreste altre?

Siamo d'accordo con entrambe le definizioni: quella di gioco perché in sostanza il mondo Bdsm è un mondo in cui gli adulti si permettono di giocare, di cambiare regole e ruoli e si gioca finché tutti i partecipanti ne condividono la volontà; la definizione di teatro, invece, racchiude in se molte somiglianze con il mondo Bdsm, basti pensare alla semplice definizione della parola scena che è un termine che viene usato nel teatro e che nel Bdsm assume un significato molto simile indicando il setting in cui avvengono le sessioni, inoltre chi vi partecipa indossa, fisicamente o immaginariamente, delle maschere e ricopre ruoli che sono ben determinati sin dall'inizio, cosa che caratterizza sia gli attori teatrali che i fautori del Bdsm.

S.: Che influenza ha nella mente della persona il diffondersi, anche se in maniera carbonara, della cultura Bdsm, tra web, film, videoclip e narrativa, al giorno d’oggi? Inoltre, trova ci sia una relazione tra media e sessualità oggi? In che termini?

Come dicevamo prima, sicuramente il fatto che oggi si parli di più di Bdsm, di sadomasochismo, di feticismo e via dicendo produce un effetto sulle persone soprattutto dal punto di vista della familiarità cioè il Bdsm non sarà più un mondo aperto solo a pochi, ma avrà una cassa di risonanza maggiore; questo non significa che tutti vorranno praticare Bdsm, ma semplicemente che se ne parlerà di più e con maggior cognizione di causa, un po' come è già capitato con l'omosessualità dove prima non se ne poteva neanche parlare, mentre oggi si organizzano gay pride. Quindi sicuramente i media in questo hanno un ruolo informativo ed educativo.

S.: Voi, fareste mai bdsm? In ogni caso, perché?

La domanda ci fa sorridere perché ci fa pensare a come nell'immaginario collettivo un individuo che sia interessato a tutto ciò che fanno gli altri e li osserva curiosamente viene definito voyeur; questa domanda sembra andare proprio in quella direzione. Crediamo semplicemente che chi si avvicina alle pratiche Bdsm siano tutti coloro che vogliono sperimentarsi in vesti diverse nonché conoscere meglio se stessi.

Alessandra Perilli, Psicologa-Sessuologa iscritta all'Ordine degli Psicologi del Lazio n° 18983.
Esperta in riabilitazione cognitiva nelle patologie dell'invecchiamento e memory training, esercito l'attività clinica presso Arpes dove conduco anche corsi di rilassamento utilizzando tecniche induttive e immaginative. Ho tenuto corsi di educazione sessuale e alla salute presso istituti scolastici superiori e svolgo attività di volontariato presso il Policlinico Umberto I di Roma.
alessandra.perilli@arpesonline.it www.alessandraperilli.it
Veronica Vizzari, psicoterapeuta e conduttrice di gruppi ad approccio bioenergetico, iscritta all’Ordine Psicologi del Lazio N°6591, da anni lavora in campo clinico e scientifico nell’ambito della sessuologia. È didatta presso diverse scuole di Psicoterapia ed è stata Professore a contratto presso la Facoltà di Psicologia1 dell’Università di Roma “La Sapienza”. È Autrice di numerose pubblicazioni scientifiche ed ha partecipato come segretaria organizzativa ad importanti Congressi internazionali. Ha partecipato come sessuologa a diversi programmi televisivi e collabora ormai da diversi anni per numerosi mensili e settimanali italiani.
www.arpesonline.it

di Sadsong
http://www.legami.org/bdsm/bdsm_dettaglio.asp?sez=Articoli&ID=390&titolo=Intervista%20a%20Veronica%20Vizzari%20e%20Alessandra%20Perilli

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