Si deve partire da un rapporto che deve essere basato su empatia, feeling e fiducia per poi maturare in una voglia di conoscere sé stessi, conoscere l’altro, ed esplorare i propri limiti, da entrambe le parti.
Non è semplice. Ma cosa lo è?
Bisogna pensare dal concetto di base che entrambi sono degli esseri umani con le loro debolezze, le loro forze e i loro dubbi: credere che una persona Dom sia dominante su tutto, che non abbia paure, che non faccia degli sbagli è alquanto ridicolo. E’ nella natura umana errare. Lo stesso vale per il sub: credere che egli possa subire qualsiasi tipo di angheria, dolore o ordine senza che possa ribellarsi, pensare che qualsiasi capriccio della Dom, anche il più sciocco, debba essere messo sempre davanti alla vita del sub, lo trovo un atteggiamento inqualificabile e stupido.
Bisogna pensare dal concetto di base che entrambi sono degli esseri umani con le loro debolezze, le loro forze e i loro dubbi: credere che una persona Dom sia dominante su tutto, che non abbia paure, che non faccia degli sbagli è alquanto ridicolo. E’ nella natura umana errare. Lo stesso vale per il sub: credere che egli possa subire qualsiasi tipo di angheria, dolore o ordine senza che possa ribellarsi, pensare che qualsiasi capriccio della Dom, anche il più sciocco, debba essere messo sempre davanti alla vita del sub, lo trovo un atteggiamento inqualificabile e stupido.
Trovare il legame “perfetto” D/s è utopico, così come, trovarlo nei rapporti vanilla o in generale in qualsiasi interazione che richieda un legame tra esseri umani.
Per cui bisogna in primis valutare se vale la pena affrontare questo percorso con la persona che si ha davanti o meno, se si è disposti a capire e conoscere l’altro, a crescere insieme, a mettere in discussione sé stessi (e questo non vuol dire necessariamente cambiare) ad intraprendere un percorso che sebbene con due ruoli ben distinti, rende le due parti inevitabilmente complementari e nella peculiarità del loro microcosmo “perfetti”.
Per cui bisogna in primis valutare se vale la pena affrontare questo percorso con la persona che si ha davanti o meno, se si è disposti a capire e conoscere l’altro, a crescere insieme, a mettere in discussione sé stessi (e questo non vuol dire necessariamente cambiare) ad intraprendere un percorso che sebbene con due ruoli ben distinti, rende le due parti inevitabilmente complementari e nella peculiarità del loro microcosmo “perfetti”.
Chi non si ferma al primordiale bisogno di sfogare solo il suo istinto e cerca un rapporto di reale appartenenza, si rende subito conto di chi va al di là dell’apparenza e della mera sottomissione; ed proprio in quel momento che si deve riflettere su ciò che realmente si vuole e se vale la pena fare questo percorso con quella persona, mettendosi in discussione tutti i giorni, comunicando verbalmente e fisicamente. Quello che noto invece, guardandomi spesso attorno, è che ci sono persone che mettono davanti i loro bisogni, i loro desideri e le loro voglie, da una parte e dall'altra: sub che si mostrano umili e devoti sin dall'inizio quando il loro desiderio non è realmente quello di soddisfare e compiacere la propria Dom ma di appagare il loro bisogno di sottomissione, di sfogare la loro fantasia; Dom che invece glorificandosi di questo appellativo, danno tutto per dovuto e scontato, diventando intransigenti e intolleranti a qualsiasi cosa non rientri nella loro idea di “sottomissione”.
Dom lo si è, se si ha qualcuno che pone nei nostri confronti una fiducia tale da sottomettersi e donarsi a noi, altrimenti possiamo solo essere persone con un carattere dominante (come preferisco definirmi io); non si può essere Padrona se non si ha uno schiavo. Lo stesso vale per lo schiavo: non si è schiavi perché ci si definisce così, si può avere l’indole da schiavo, ma se non si dona realmente almeno una parte interiore di sé, non si è altro che attori di una rappresentazione di uno stato che si vuole portare dalla fantasia alla realtà.
Dom lo si è, se si ha qualcuno che pone nei nostri confronti una fiducia tale da sottomettersi e donarsi a noi, altrimenti possiamo solo essere persone con un carattere dominante (come preferisco definirmi io); non si può essere Padrona se non si ha uno schiavo. Lo stesso vale per lo schiavo: non si è schiavi perché ci si definisce così, si può avere l’indole da schiavo, ma se non si dona realmente almeno una parte interiore di sé, non si è altro che attori di una rappresentazione di uno stato che si vuole portare dalla fantasia alla realtà.